C’è un crescente timore sulla sicurezza e l’efficacia dei neurolettici nei soggetti con demenza, ma esistono pochissimi studi clinici a riguardo.
Lo studio DART-AD ha esaminato l’impatto del trattamento di lungo periodo con neurolettici sul declino cognitivo globale e sui sintomi neuropsichiatrici nei pazienti con malattia di Alzheimer.
Lo studio ha preso in considerazione pazienti che per almeno 3 mesi assumevano neurolettici; Tioridazina ( Melleril ), Clorpromazina ( Largactil ), Aloperidolo ( Haldol ) Trifluoperazina ( Modalina ) o Risperidone ( Risperdal ), per disturbo comportamentale o psichiatrico associato a demenza.
Lo studio ha riguardato 165 pazienti, assegnati in modo casuale a continuare il trattamento ( n=83 ) o ad assumere il placebo ( n=82 ). Ventisei pazienti ( 13 per braccio ) sono andati persi nel corso del follw-up. Pertanto la ricerca è stata compiuta su 51 pazienti per braccio.
Non è stata osservata nessuna significativa differenza tra il gruppo di trattamento continuo ed il gruppo placebo nel cambiamento medio stimato del punteggio SIB ( Severe Imparment Battery ) tra il basale e 6 mesi.
Per i sintomi neuropsichiatrici, non c’è stata alcuna differenza significativa tra il trattamento continuo ed il placebo, nel cambiamento medio stimato del punteggio NPI ( Neuropsychiatric Inventory ) tra il basale e 6 mesi.
A 12 mesi è emerso che i pazienti con punteggi NPI iniziali maggiori o uguali a 15, potevano trarre beneficio per quanto riguardava la sintomatologia neuropsichiatrica, continuando il trattamento.
In conclusione, per la maggior parte dei pazienti con malattia di Alzheimer, l’interruzione dei neurolettici non ha prodotto effetti negativi sullo stato funzionale e cognitivo.
I neurolettici possono avere un ruolo nel trattamento di mantenimento dei sintomi neuropsichiatrici più gravi, ma questo beneficio deve essere bilanciato con gli effetti indesiderati della terapia. ( Xagena2008 )
Ballard C et al, Plos Med 2008; 5 : e76
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