Non esistono dati sul trattamento degli adolescenti con bulimia nervosa. L’obiettivo di questo studio è stato quello di comparare l’efficacia ed il rapporto costo-beneficio ( produttività ) della terapia familiare e della terapia cognitivo-comportamentale ( CBT ) con approccio self-care negli adolescenti con bulimia nervosa o disordini alimentari non altrimenti specificati.
Un totale di 85 adolescenti con bulimia nervosa o disordini alimentari non altrimenti specificati, sono stati reclutati dai Centri per i disordini alimentari in Gran Bretagna.
I partecipanti sono stati assegnati in modo casuale alla terapia familiare per la bulimia o alla terapia cognitivo-comportamentale con approccio self-care, con il sostegno di uno specialista della salute.
L’endpoint primario era l’astinenza da alimentazione incontrollata ( binge-eating ) e dal vomito, valutato attraverso un’intervista alla fine del trattamento ( 6 mesi ) e nuovamente dopo 12 mesi.
L’endpoint secondario includeva gli altri sintomi della bulimia ed il costo della cura.
Degli 85 partecipanti, 41 sono stati assegnati alla terapia familiare e 44 alla terapia cognitivo-comportamentale con approccio self-care.
Dopo 6 mesi, l’alimentazione incontrollata è diminuita in modo significativo con maggiore riduzione nel gruppo della terapia cognitivo-comportamentale con approccio self-care, piuttosto che nel gruppo di terapia familiare; tuttavia, questa differenza è scomparsa al 12° mese.
Non sono state osservate altre differenze tra i gruppi nei sintomi del disturbo comportamentale alimentare.
Il costo completo del trattamento, è stato più basso per la terapia cognitivo-comportamentale che per la terapia familiare.
Rispetto alla terapia familiare, la terapia cognitivo-comportamentale con approccio self-care presenta piccoli vantaggi: una più rapida riduzione dell’alimentazione incontrollata, più basso costo, e maggiore accettabilità da parte degli adolescenti con bulimia o disordini alimentari non altrimenti specificati. ( Xagena2007 )
Schmidt U et al, Am J Psychiatry 2007; 164: 591-598
Psyche2007